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Agricoltura sociale e autismo, i due mondi comunicano. Terra e natura aiutano e migliorano abilità socio-relazionali.

Dal progetto Fattoria della Salute, la prospettiva della disabilità come opportunità di conoscenza e cambiamento. La sperimentazione dei laboratori agricoli punta ora alla continuità dei servizi e delle attività.

“Riuscire a instaurare un contatto con la terra e la natura permette di far emergere potenzialità che diversamente rimarrebbero in ombra e impedirebbero di avviare un percorso di miglioramento delle abilità socio-relazionali”. A dirlo con chiarezza è Alessandra Corona, educatrice da due anni quotidianamente impegnata nel progetto “La Fattoria Della Salute”, sostenuto da Fondazione CON IL SUD e promosso tra gli altri dalla cooperativa sociale Un Fiore per Vita nella naturale cornice della Fattoria didattica Fuori di Zucca ad Aversa. “Il mondo dello spettro autistico era lontano dalla mia realtà, fino a quando – confessa Corona- non ho deciso di mettermi in gioco e grazie ai laboratori e ad un’osservazione ravvicinata, ho potuto accertare come e quanto l’agricoltura sociale sia strategia di supporto alle attività di riabilitazione per persone autistiche”.

“La condivisione di spazi e di materiali rappresenta – spiega Corona- un valore aggiunto, in una prospettiva di miglioramento collettivo, in cui gli operatori accompagnano i ragazzi nel cammino di riconoscimento della propria identità all’interno di una comunità estremamente composita, basata sul lavoro e sulla diversificazione dei compiti nell’ottica dell’acquisizione di una molteplicità di nuove abilità. La disabilità non deve essere infatti, considerata esclusivamente dal punto di vista dello svantaggio e della difficoltà, ma se si capovolge la prospettiva di osservazione, può diventare un’opportunità di conoscenza e di cambiamento”.

“L’esperienza della Fattoria della Salute- aggiunge Corona, che ne ha fatto anche argomento della sua tesi di laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione – ha evidenziato come la sperimentazione di progetti basati sulle attività con alto livello di inclusività possono diventare espressione di nuove forme di socialità condivisa, oltre che occasione di apprendimento e di inserimento in contesti nuovi e non necessariamente strutturati”. Il progetto ha promosso una serie di interventi che si collocano a metà strada tra intervento riabilitativo vero e proprio e intervento psicologico di comunità.

L’obiettivo raggiunto, è ancora più prezioso se si pensa che sono stati coinvolti anche adulti che presentano una sindrome dello spettro autistico anche a basso funzionamento o con disturbi generalizzati dello sviluppo e persone con disagio psichico e comorbilità psichiatrica. “Abbiamo verificato – continua l’educatrice- che l’attività agricola permette di stimolare la manualità e rende possibile l’acquisizione di una maggiore consapevolezza del proprio sé, grazie anche al contatto che si viene a determinare con un elemento ancestrale come la terra da toccare e sentire. I ragazzi hanno potuto sperimentare la valenza galileiana della natura intesa come un libro per imparare molte cose su se stessi e sugli altri. In qualità di educatrice ho potuto seguire i progressi graduali laddove, il messaggio che si è inteso comunicare attraverso l’avvio delle attività è che chi semina raccoglie”.

“Il percorso – sostiene Corona- ha permesso risultati molto soddisfacenti che si identificano non solo con il raggiungimento di uno stato di benessere determinato dal contatto con una cornice naturale ricca di stimoli, in cui l’educazione al lavoro quotidiano si configura come espressione di creatività fatta di calore, colore e profumi, ma anche con l’approdo a una maggiore autonomia di azione in vari ambiti”. “Certo- continua l’educatrice- si sarebbe potuto assistere al rifiuto di interagire in un contesto estraneo, ampio, a tratti destrutturato e privo di quella simmetria che si ritrova in un ambiente protetto come una casa o un ambiente scolastico con gli strumenti al loro posto ma abbiamo invece assistito a qualcosa di assolutamente diverso. Gli operatori, i ragazzi inclusi nella sperimentazione e le loro famiglie hanno infatti, creato un circolo virtuoso di scambio reciproco di scoperte, supporto sociale, sperimentazione e produzione di nuovi oggetti”.

Il buon esito del progetto Fattoria della Salute, è stato  indubbiamente determinato da una concomitanza di fattori, tra i quali  la qualità della motivazione trasmessa dall’educatore e sono ancora gli educatori della cooperativa Un Fiore per la vita, che hanno deciso di non disperdere l’esperienza e puntare alla continuità dei servizi e delle attività che sono state sperimentate.

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